giovedì 3 dicembre 2009

l'ironia e la saponetta

Qualcuno sarà memore dell'incastratura della mia schiena in versione spagnola.
La versione spagnola contempla tra le altre cose il fatto che la sangrìa facesse passare tutto, compreso il dolore fisico, compreso il dolore fisico correlato alla spiaggia di notte, che comprende, a sua volta, sabbia (ergonomica si, ma tanto dolore), umidità, e freddo, dovuto al fatto che il male alla schiena non era dovuto al fatto che mi fossi portata in giro il mio adorato zainone. Insomma,ero senza felpe, cazzo.
Comunque.
Al momento la fortunata sottoscritta si trova a letto, nella ridente residenza lavorativa di via Ascanio Sobrero, impossibilitata a muovere un qualsivoglia muscolo perchè qualunque iniziativa motoria si risolve in due serramanico che clic, si aprono e le si piantano nelle fossette di Venere, e anche un pò più su.
La parte carina è che ogni volta mi lamento, esce un gemito tipo gattinochiusoincantinadatregiornichestamorendodisete che però nessuno può sentire, che perciò non mi fa cogliere l'utitlità dell'istinto primordiale della richiesta di aiuto senza intenzione sotto forma di versi come risposta al dolore.
Ma in ogni caso, anche se riderci su non mi viene molto facile, ho ritenuto degno di nota l'episodio clou di questa storia.
(un ringraziamento ai miei coinquilini i quali con le risate incontenibili di quando gliene ho parlato mi hanno fatto riflettere sull'ironia della sorte di questa cosa.)
Ora, pensate a questo abbinamento di fattori, fatevene un'immagine.
Concentràti:
mal di schiena, doccia, colpo della strega, persona (neutra, va' bene di qualunque sesso) piegata a novanta gradi, senza la possibilità di muoversi, ripeto doccia e
....rullo di tamburi...
saponetta.
Già.
La cosa si è svolta in questi termini.
Valeria torna da un'odissea automobilistica per le strade di Torino, tra traffico, infrazioni che se non fai anche tu la gente ti fa dito perchè ovviamente ti metti tra loro e il loro orgoglio italiano per aver trovato un modo truffaldino per fare più in fretta, una macchina non tua con una firzione che dopo aver schiacciato col piede devi anche risollevare da sotto perchè si incastra, e parcheggi a pagamento che costano più che comprarti un garage al giorno.
Valeria sale in casa, e già la schiena non sta bene, ma quel fastidio al basso dorso sopportabile è così da due settimane percui sti cazzi, non farci caso e non esiste. Come la crisi economica.
Il tutto correlato ad un modesto male al ginocchio, sul quale la suddetta frizione non ha avuto un buon effetto. Ma anche qua il metodo affrontalocomelacrisieconomica potrebbe funzionare.
Al che mi reco in camera, mi spoglio, senza eccessive difficoltà, entro in bagno, lamentandomi con i miei coinquilini del fastidio alla schiena. Tizio e Caio. Tizio e Caio stanno guardando una puntata di Flash Forward e si stanno al loro volta lamentando di Sempronia la quale traduce simultaneamente dal giapponese ciò che la tv risolve coi sottotoli. Allora Sempronia, oggetto di insulti e gentili inviti a tacere di ogni forma e colore si volta verso di me e mi suggerisce -mettiti sotto l'acqua calda calda, avrai preso un colpo di freddo e il calore scioglie bene i muscoli, se sono tesi. Si dai, credo che abbia senso.
Ma la scena tragicomica sta per consumarsi.
La successione degli eventi è stata questa:
-apro l'acqua, aspetto che la temperatura sia quella perfetta ed entro
-(immensa sensazione di piacere, che meraviglia, la doccia)- non credo si possa qualificare come evento, da qui la parentesi
-mi inclino leggermente in avanti in modo che l'acqua mi batta proprio su quella zona della schiena che già sta rischiando di prendere fuoco da sola
-dopo dieci minuti di puro godimento dei sensi, dato cher mi stavo per addormentare, cullata dolcemente dal calore e dal massaggio dell'acqua decido che è ora di iniziare a lavarmi
-ERRORE (col senno di poi), è lì che ho sbagliato tutto (il commento fuori campo dice Eh no! Eh no! E' lì che sbagli!!
-mi piego per raccogliere la saponetta, per terra
-coltello, coltello, coltello, coltello.
Valeria non si riesce più a muovere. Cazzo.
Dolore puro, era da un pò che non ne sentivo, di dolore del genere. Da piangere.
Però intanto il pubblico di sottofondo delle fiction americane (che è sempre composto delle stesse trenta persone, per ogni telefilm) applaude e ride di gusto, per notificare ai telespettatori che ehi, questo fa ridere, dovete ridere!
Insomma, mi trovo nella doccia, piegata a novanta, per aver voluto raccogliere una saponetta, dopo aver cacciato un urlo di dolore, e non mi posso muovere.
Applausi.
E' straordinario.
Cioè è una di quelle occasioni in cui ti chiedi se davvero possa succedere qualcosa di simile.
Ironia autorealizzantisi. La scena perfetta.. Come vedere qualcuno che scivola su una buccia di banana. O come le scene in cui uno lancia del cibo a mensa a scuola al suo compagno,lui si sposta e il cibo colpisce il prof. O come la scena del lenzuolo di Trainspotting.O come una ragazzina di 45chili che vuole giocare a rugby e dopo trenta secondi della prima (e ultima) partita della sua vita si sfascia un'articolazione.
E' straordinario.
Le fasi successive hanno visto la sottoscritta restare ferma immobile in quella posizione per dieci minuti, per poi riuscire pianerrimo ad alzarsi, uscire, asciugarsi e andare a morire sdraiata sul letto, spiaggiata come una balena che abbia fatto indigestione di burattini, al punto di diventare di legno. Situazione nella quale si trova tutt'ora, tra Aulin e mille cose da fare che però dovranno aspettare almeno altri due Aulin. E tra mille cuscini posizionati al millimetro per limitare il dolore il più possibile, tipo un domino che se ne sposti uno questo sfiorerà un punto della schiena che non deve e le vertebre, cadendo l'una sull'altra, formeranno un disegno nuovo.
Il fatto di aver provato a spiegare il mio problema con gli occhi lucidi di lacrime dal male ai miei coinquilini e averli visti spaccarsi dal ridere fino alle lacrime credo mi sia venuto incontro, comunque. Ho riso.
(N.B. ridere fa malissimo. Ah ah ah ah!-clic- coltello, coltello.)
L'ironia della sorte è qualcosa di straordinario.
Forse era Pirandello che ci diceva che ciò che fa ridere è il grottesco, è ciò che esagera, storpia il reale, è una fotografia fatta con grandangolo alla vita di tutti i giorni, rendendola tanto brutta da farci ridere.
Beh, la mia schiena non ne ha avuto bisogno.. Qualcuno ha inventato e descritto come divertente questo sketch molte volte prima di me, ma perchè continui a funzionare, continui a far ridere, ci deve essere qualche stronza come me che gli faccia mantenere contatto con la realtà. Che lo mantenga attuale e vivo. Eccomi, sono lo strumento della comicità, oggi.
Senza prendere il primo Aulin di stamattina non sarei nemmeno riuscita ad alzarmi per prendere il portatile e scrivere questa divertente storiella. Per descrivere quanto questa realtà non abbia bisogno di essere esagerata o storpiata per far ridere.
Quindi per favore, ridete un pò di me anche voi, così questo Aulin sarà servito a qualcosa..!


Si ringraziano per la collaborazione la frizione, lo shopping, il tentativo di massaggio risolutivo di Mauri,l l'acqua calda e chi l'ha consigliata, il sedile poco comodo, le sedie delle aule di Palazzo Nuovo, i miei piedi piatti, le saponette mai sul posrtasaponette ma sempre per terra,la mia borsa sempre pesantissima di libri,i tram in cui si sta in piedi, il nuoto che non ho mai praticato,i miei genitori che mi hanno fatta con la lordosi, i colpi di freddo, quindi il freddo, le cannottiere che costano troppo e chiunque o qulunque cosa io mi sia scordata e si senta legittimamente possibile concausa dei miei patimenti.

martedì 1 dicembre 2009

Anche un orologio rotto segna l'ora giusta, due volte al giorno.

le foto e la fisarmonica

cazzeggio.

Le giornate di sole in inverno sono stupende, soprattutto quando va' giù la luce, verso queste ore.

Ho guardato delle foto su facebook. Diabolico strumento quello, e immensamente stupido, usa te stesso, i tuoi sentimenti, i tuoi ricordi, i tuoi nomi, senza aggiungere nulla, per farti credere di provare qualcosa di nuovo. Tenta di dare ordine alla realtà che ti circonda per preordinare anche le tue emozioni. Stupido strumento.

Fuori in strada suona una fisarmonica.
Passa quasi tutte le sere e sempre la stessa melodia entra dalla finestra. Sempre la stessa. Ha un suo ritmo, ma è triste, è malinconica. Mi fa venire in mente un vecchio con addosso vestiti pesanti e sporchi e scuri che cammina lentamente cercando la donna che ha sempre amato in una città in cui sia sicuro di non trovarla. In un mondo in cui lui sa che lei non c'è.
In un tempo in cui sa che non può esistere. Il ritmo di quella camminata è il ritmo di questo tempo.. è un valzer direi. La sta cercando davvero forte però. Chissà se ci crede.
E' la malinconia, la nostalgia, l'amaro e il sogno. E la bellezza di queste cose, sono le note di questa fisarmonica.

E intanto guardo delle foto.
Ho sempre avuto dei problemi con le foto, fanno davvero male alla mia psiche contorta, la deviano, la ammalano, la mettono su un aereo con un biglietto senza destinazioni. Affascinante, pericoloso e estremamente malinconico e triste.

Ci sono due persone che sorridono, vicine. Hanno occhi grandi, e credo si àmino. Cioè, credo che loro lo cerdano, quindi non vedo perchè non dovrei crederci pure io. E' quanto questa foto mi mostra. Quel momento.. quel momento è esistito davvero, per un attimo, quegli sguardi sono stati veri, si potevano toccare, quegli sguardi.

Eccomi, rotolo giù per le scale del mio cervello.

Sono esistiti quei colori, ma nessuno ha fatto caso all'istante in cui la foto è stata scattata probabilmente. Un dito da premere su un tasto, una posizione da mantenere.
Fermi. Ok, via, fatto.

E quel momento a cui non ha fatto caso nessuno, ora sta qua, e mi guarda. Le foto immobilizzano il tempo, e di quel momento resta la fotografia. Come se quel momento fosse sempre solo stato fotografia. Fermo un attimo...Ok, fermo per sempre.

I colori sono belli, gli occhi sono chiari- i colori sono vivi. Credo fosse un tramonto.

Le fotografie mi fanno sempre impressione. Non sono capace di guardare le fotografie. Ci vedo troppo, le sopravvaluto. Non le vedo solo per quello che sono, e cerco di dargli realtà.

Guardare fotografie con questa musica di sottofondo, d'inverno, il primo di dicembre, al tramonto, è quanto di più patetico si possa fare. A parte lo scrivere un post a riguardo, che supera proprio se stesso.
E va beh

lunedì 23 novembre 2009

quando valeria scopre che il testo più lungo della storia le piace da morire

1 per il sesso 2 per la cicogna
3 per il ruscello 4 per la fogna
io sono l'MC il cerimoniere
sono la metresse
sono il pasticcere
giova a me jova a te jova a tutti quelli che
ci vogliono stare dentro
alla periferia di nessun centro
sono a metà strada nella selva oscura
1 per la tecnica, 2 per la natura
cerco il mio virgilio
morto di overdose
cerco la beatrice ma oggi ha le sue cose
cica cica bum ho una cicatrice
sembra un tatuaggio sai che cosa dice
fin qui tutto bene quindi procediamo
1 per il pesce, 2 per l'amo
sono il pescatore a mia volta pescato
sono il peccatore e sono il peccato
chi inventò il dubbio che gli spaccò il culo
si sta così bene quando si é al sicuro
faccia sotto al sole verità in tasca
come un pesce d'allevamento dentro una vasca
crescere é un problema disse il bonsai
il baobab rispose accontentati di quello che hai
chissà perché rispose il piccoletto
sono sempre i grandi a fare il pistolotto
uno per il baobab due per il bonsai
tre per chi sempre quattro per chi mai
jova a me jova a te giova a tutti quelli che
ci voglion stare dentro
cica cica bum altra cicatrice
sembra un tatuaggio sai che cosa dice
fin qui tutto bene quindi andiamo avanti
uno per chi pochi due per chi tanti
date al diavolo un bimbo per cena uno due tre ragazzini
date al diavolo un bimbo per cena dieci cento mille bambini
luce stroboscopica lampada di wood
verbi irregolari understand understood
danze figurate marce militari
uno per la polvere due per gli altari
io sono una piazza io sono una strada
io sono il cavallo io sono la biada
io sono nessuno tranne per qualcuno
e traun pasto e l'altro, per protesta digiuno
onda dopo onda cambio il mio contorno
io sono la pizza io sono il forno
troppa pastasciutta mi può strangolare
troppa informazione mi fa sragionare
troppa libertà mi ha fatto inceppare
troppa verità mi ha fatto impazzire
io sono clark kent, sono superman
ho i superpoteri quanto parte la jam
il mondo é la mia casa il cielo é il mio tetto
ho perso le chiavi sto qui fuori e aspetto
guardo dentro al buco pezzi di nirvana
fuggo da un eterno finesettimana
uno per lo yoga due per la scintilla
tre per l'antibiotico quattro per la villa
giova a me jova a te giova a tutti quelli che
credo in un solo dio madre onnipotente
creatore di chi crede e di chi non é credente
uno per l'oriente due per l'occidente
tre per il messaggio quattro per il mittente
niente più carezze disse il bagnasciuga
grattami la schiena disse la tartaruga
ho il mio cucchiaino io per travasare il mare
fin qui tutto bene posso continuare
ho una cicatrice sembra un tatuaggio
sai che cosa dice avanti coraggio!!!! jova a me jova a te
alla periferia del centro commerciale
alla periferia della periferia del mondo occidentale
alla periferia del genere musicale
alla periferia del circolo polare artico
alla periferia del mondo celtico dell'equatore
del meridiano zero alla periferia del planisfero
alla periferia delle autostrade delle foreste delle contrade
alla periferia della sinistra e della destra
alla periferia del davanzale della mia finestra
alla periferia degli stati delle nazioni
al centro delle sensazioni e delle emozioni
alla periferia del vento alla periferia dell'uomo del momento
alla periferia dell'intervento
alla periferia della contemplazione
al centro della sensazione dell'emozione
datemi un catalogo di tutto ciò che esiste
le cose viste e quelle non viste
il ritmo é politico convoglia i movimenti
pensieri di sostegno sennò digrigno i denti
io sono pinocchio mi si allunga il naso
sono come un'anatra nuoto dentro al caso
e prego non perché dio esiste ma perché dio esista
se non vedi l'ora vai dall'oculista
il mondo sta cambiando in questo non é mai cambiato
guardami un secondo sono già invecchiato
plastica facciale assicurazione
1 per il cuore 2 per la ragione
sole e luna bionda e bruna
fila di cammelli davanti alla cruna
tutti in paradiso chi bene chi male
solo certi ricchi in paradiso fiscale
cica cica bum ho una cicatrice
sembra un tatuaggio sai che cosa dice
il mondo é una domanda aspetta una risposta
ogni luogo é un divieto di sosta
l'equibrio statico é un calcolo dinamico
eccoti un coltello cazzo non ha il manico
quindi stai attento che puoi farti male
ho una conoscenza dimmi quanto vale
sono un chacchierone santa inquisizione
giudicami eretico mettimi in prigione
martiri del rap vivi per miracolo
come un cavallo io salto l'ostacolo
fino a che l'ostacolo é più alto di me
in questo caso incolperò te
seni in silicone maschere di fango
fa una grande ombra l'albero di mango
sono omologato son colonizzato
ma se ti avvicini puoi sentire il mio fiato
tutta roba vera pane e companatico
sono calamita zero elettrostatico
c'era sergent pepper io stavo nascendo
un capolavoro sai che cosa intendo
un giorno nella rete io c'ho incontarto un pesce
subito mi ha detto tu sai come s'esce
gli ho risposto no forse lo sai tu
e ci siamo messi a guardare la TV
chi conosce il mare lo sa rispettare
molti marinai non sanno nuotare
chi conosce il ritmo sa che il tempo vola
va più veloce di una bollicina nella coca cola
se io fossi eletto già nel primo mese
fonderei il ministero delle sorprese
tutte positive naturalmente
é il tuo compleanno improvvisamente
son l'ambasciatore di un posto migliore
sono il diplomatico del rumore
ministro delle poste e comunciazioni
buono tra i cattivi cattivo tra i buoni
ho una cicatrice resta sempre aperta
come la legge di domanda e d'offerta
dici tutto bene non ti preoccupare
ma ti vedo strana e non so che fare
1 per il letto due per il calore
3 per la forchetta 4 per l'amore
sono fatte di lacrime l'entrata e l'uscita
sono innamorato questa si che é vita
sentirò sto pezzo nel 2039
settantatre anni sarò chissà dove
mi prenderò a schiaffi se non sarò vivo
1 per chi ascolta 2 per chi scrivo
hai sentito un chack pronti tutti in scena
colazione e pranzo pomeriggio e cena
il senso della vita forse so qual'é
ora non ricordo ma io so che c'è
sta da qualche parte forse sotto a un sasso
anzi se lo trovi passalo qui in basso
1 per il ritmo 2 per la parola
3 per la strada 4 per la scuola
5 per chi insegna 6 per chi impara
7 per chi gioca 8 per chi bara
sono a metà strada nella selva oscura
uno per la tecnica due per la natura
date al diavolo un bimbo per cena
la parola fiore non ha nessun odore
la parola ritmo non ti fa ballare
vivere la vita fino ad ubriacarsi
essere presenti fino ad annullarsi
la parola magica é sempre la stessa
sim sala bim cara principessa
sono un italiano buongiorno buonasera
giro per il mondo esporto primavera
1 per l'inizio due per la fine
4 per il vento che passa sul confine
stemmi di famiglia impronte digitali
mappe del genoma feste parrocchiali
lame di machete code di comete
cibo per chi ha fame acqua per chi ha sete
amico per denaro denaro per amico
giacche da un milione foglie di fico
guarda l'orizzonte sembra verticale
guarda la mia faccia sembra carnevale
sovrannaturale piatto regionale
1 per la pasqua 2 per il natale
calorie in eccesso beta carotene
lecca quel gelato tra un secondo viene
quanta vita elettrica passa in questi cavi
partono per marte le nostre astronavi
si mangia e poi si vomita nelle ville patrizie
chissà che vita c'è fuori dalle notizie
hanno ucciso il re regna la sua corte
1 per il calcolo 2 per la sorte
porte sbarrate sacchi di sabbia
ci sta una tigre che é scappata dalla gabbia
tutto prevedibile anche l'incertezza
1 per il pugno 2 per la carezza
hote motel holiday inn
c'é molta violenza chiusa dentro ai cuori
quasi come quella che ci sta di fuori
l'esagramma quattro muta in ventisei
io sono la musica io sono il deejay
in fondo alla notte ci sta la mattina
arriva fino al mare l'acqua della piscina
io sono la forma sono il contenuto
io sono la bocca io sono lo sputo
io sono il vinile sono la puntina
io sono la presa e sono la spina
fontana di dolore albergo d'ira (petrarca)
scuola d'errori senti come gira
sopra questo ritmo mi ci spaparanzo
sono una scintilla sopra al fuoco danzo
sono peter parker sono spider man
volo tra i palazzi quando parte la jam
sono costantino di secondo nome
1 per il cosa 2 per il come
abito in collina sulla sugarhill
vendono i miei dischi anche all'autogrill
chica cica bum ho una cicatrice
sembra un tatuaggio sai che cosa dice
oggi tutto quadra apri quella porta
c'è una ciliegina sopra la mia torta
dioniso ed apollo sono i miei cugini
pippo ed eta beta sono miei padrini
1 per la fama 2 per la classifica
3 per la famiglia 4 per la critica
e chi pensa a me dai ci penso io
date al diavolo un figlio di dio
io sono le ossa io sono la pelle
e torno fuori a riveder le stelle
io sono un etrusco sono americano
vado verso ovest con il cuore in mano
il limbo é una danza é un luogo d'innocenti
é il fondale per fotografare le cantanti
mi batte il cuore forte forte forte
esplode in me la vita spalanca le sue porte
cica cica bum ho una cicatrice
sembra un tatuaggio sai che cosa dice
hai avuto culo in quell'incidente
ma non é detto che ti vada bene sempre
uno per il suono due per il vinile
3 per l'invenzione 4 per lo stile
guarda l'orizzonte disse il capo indiano
questo é il mio palazzo disse il sultano
io sono la zingara leggo la tua mano
o mio cavaliere portami lontano
cuore della tenebra mostrami l'orrore
cuore della luce mostrami l'amore
cuore del cocomero mostrami il sapore
cuore del computer mostrami il mio cuore (dovere)
erra sia chi sbaglia che chi é vagabondo
ma se io non erro non so com'é il mondo
se ci fossi il modo pagherei un milione
per ogni volta che mi eviti una dicisione
in meditazione medito la fuga
tanto prima o poi vince la tartaruga
per guardarsi dentro servono le tac
donale dei fiori ma che siano di bach
io sono shumaker dentro l'abitacolo
dammi un pò di ritmo che ti do spettacolo
il mondo é una jungla
io sono il dottor livingston
il mondo é un computer
io sono negroponte
se il mondo é da ballare
io sono fred astaire
e io sono keith jarret
se il mondo é un pianoforte
mi sono innamorato della vita
guardandola attraverso gli occhi dell'amore mio
così rotonda e così misteriosa
leggera profonda bellissima e paurosa
per niente pittoresca ne rassicurante
1 per l'orecchio 2 per il cantante
io sono una foglia attaccata a un ramo
prima di cadere ti dirò ti amo.

domenica 22 novembre 2009

i miei amici

I miei amici sono andati in Irlanda.
E io no.
Direi che questo post basta a se stesso, questa frase è autopoietica quasi, si riproduce uguale a se stessa. Ovvero produce amarezza, malinconia, invidia. Quanto ti rende brutto dentro l'invidia?
Va beh. forza amici, godetevi anche per me il posto più bello del mondo. L'angolo di universo più magico è vostro.
Verrà il giorno.
Buon viaggio, buon divertimento, buon ritorno

P.S. Per un po non sono riuscita a scrivere sul blog, e devo dire che mi sono piacevolmente resa conto che la cosa mi faceva sclerare! Ho bisogno di parlare con voi, ho bisogno di scrivere per voi. E questo è bene, per questo vi ringrazio.

lunedì 2 novembre 2009

questo post non parla di me, ne' di te

Cara persona che non esiste,
-credo tu non esista perchè in realtà sei tutti, stai dentro ognuno- sto facendo degli errori.
Sto facendo degli errori e vorrei riuscire a confessarteli, tutti, anche quelli che ho già fatto e quelli che so che farò. Vorrei confessarteli perchè sarebbe l'unico modo per smettere di farli, per provare a migliorarmi, se non altro venendo messa davanti ai miei difetti.
L'ammissione di un problema è il primo pgrande passo, quello definitivo, ma non è senso di colpa. Non è catarsi. E' richiesta di aiuto. E' richiesta di un giudizio che ti faccia sentire da qualcun'altro -che non sia te stesso- che stai sbagliando.
Io già lo so. E so anche che me lo diresti anche tu.
Quindi forse in effetti non ho poi così bisogno di te, cara persona che non esiste. Sei un po' in chiunque, cara persona, anche in me, perciò sarebbe banale sentirti parlare.
Non ho bisogno di te se no ti darei un'identità, una qualunque, che sarebbe anche veritiera in ogni caso. Ti darei un nome, una faccia.
Ma non lo faccio, non l'ho ancora fatto, perciò non ho ancora bisogno di te.
Sappi solo che sto facendo degli errori.
Ma non esisti ancora, finchè io non voglio farti esistere. Quindi forse, finchè non sai, non esistono nemmeno i miei errori.
Ciao caro amico che non esisti. Grazie di non esistere.
A presto.

lunedì 26 ottobre 2009

l'autunno, il nostro

Il tramonto dietro le montagne arriva alle quattro.
Eccolo, l'autunno.
Lo vedo ora, seduta sul piccolo pontile di un lago della valchiusella, tra colline che cambiano colore ad ogni sguardo.
Il silenzio è assoluto. Tutto è fermo, l'aria è fredda, e il sole così basso, negli occhi, fa male.
Il cielo è vuoto quest'oggi.
L'autunno è qua perchè alle quattro il sole già scende, ma la giornata è ancora serena. Questa luce si taglia tra le foglie per portare quaggiù un pò del loro colore. Si sacrifica per il loro colore.
Silenzio. Ogni tanto il verso lontano di un'anatra.
Ma questa luce non scalda.. Sembra quasi una strana notte.
Di fianco a me, seduto, mio nonno. Guardiamo nella stessa direzione, guardiamo la superficie dell'acqua.
Con lo sguardo malinconico e fisso del rinunciatario, lui. Di quei rinunciatari però cui non è concesso nemmeno il lusso della rabbia per non averci provato. Ci ha provato, lui, per tutta la primavera, per tutta l'estate, finchè le foglie stavano su, floride di clorofilla. Chissà se c'è riuscito.
Ora le foglie sono gialle, o rosse, nel migliore dei casi. Non riesco a capire se mi sembri profondamente sereno o immensamente triste.
Fissiamo l'acqua non cercando nulla. Solo scavando enormi buche. Gallerie nella mente, nella memoria. L'autunno è straordinario perchè ti fa fare questo. Te lo permette.
Eccolo, l'autunno.
Lo vedevo scendere sul suo volto, nei giochi di luci e ombre tra le rughe della sua fronte. Tra le rughe dei suoi occhi nebbiosi. Nei pochi capelli grigi, rade nuvole di una domenica pomeriggio di ottobre. Attende l'inverno ora lui, guardandosi indietro.
Nell'umido silenzio di questa luce discontinua e forte le nostre menti viaggiano.
Parallele.
-Ci ho provato. E ci sono riuscito.- vorrei che mi dicesse
-Ho portato un sacco di meravigliose foglie, all'autunno.
Lo so.
Aspettiamo insieme di veder cadere la prossima foglia.











(le dediche non sono il mio forte, forse questa persona di cui parlo ne è uscita male,da questo post. o forse no. comunque gli voglio bene,immensamente, anche se accettare il suo inverno è e sarà più difficile del vivere la mia primavera)

giovedì 22 ottobre 2009

le giornate grigie

Le giornate grigie le riconosco.
Sono quelle giornate in cui fa buio anche in casa, anche a mezzogiorno. E quando anche accendi la luce beh, fa più buio ancora, con la luce.
Le giornate grigie sono molto più straordinarie delle altre, perchè diventa tutto grigio, in quelle giornate grigie. Tutto dentro e fuori.
Supplichi una botta di vita, da qualcuno, da qualcosa in quelle giornate.
Ma nel frattempo queste giornate grigie sono talmente straordinarie che rendono grigio anche te. E te ne guardi bene,dalle botte di vita. Ben ben lontano dalla vita, mi raccomando. Fuggi.
Sul divano. Sulla sedia. A letto.
Le giornate grigie ti fanno scappare a casa.

mercoledì 21 ottobre 2009

limite

Era una giornata come tutte le altre, o per lo meno così sembrava.
Quella mattina Paul si svegliò con la ferma intenzione di cambiare la sua vita. Sono pensieri che a 15 anni vengono spesso, ma capii che stavolta faceva sul serio. Erano mesi che diceva che era stufo di sentir parlare di limiti, che non voleva più essere uno qualunque e passare giorno dopo giorno non vivendo, ma solo esistendo. Era da un po’ che diceva che avrebbe voluto diventare qualcuno, o anche solo avere uno scopo per cui vivere, non andando a scuola perché era normale che alla sua età lo facesse, o passando i suoi pomeriggi davanti all tv, sprecando il suo tempo come gli adolescenti pigri che spesso guardava con disprezzo.
Mi chiesi cosa lo avesse portato a queste riflessioni, la sua era una vita normale: scuola, amici il sabato sera, un fratello, una situazione economica agiata…E mi chiesi anche cosa avrebbe fatto. Mistero svelato quando disse che si era iscritto in una squadra di basket. Sua madre continuava a dire che alla sua età era tardi per cominciare, lei che era stata una campionessa lo sapeva bene, e che era facile a 15 anni farsi prendere dai sogni e rimanere delusi se non si riescono a realizzare. Arriverò in nazionale anche io raccontava Paul la sera agli amici tra una birra e l’altra. Io cercavo di impedirglielo, ma sapevo bene che Paul aveva una marcia in più degli altri quanto a forza di volontà. E se voleva una cosa la raggiungeva cominciando con l’abbattere i limiti mentali che diceva essere la vera rovina della nostra società. E così tutti i pomeriggi andava agli allenamenti con autobus così affollati che non gli era sempre facile prendere, con me, e arrivato a casa continuava a giocare in cortile: lui, il pallone ed io.
Quando non riusciva ad andare in palestra si allenava con i pesi a casa e intanto metteva su delle spalle invidiabili. L’allenatore diceva che aveva talento, e lui passò da riserva a titolare, dai campionati provinciali a quelli regionali, dai regionali ai nazionali. Lui, il pallone, ed io.
Era arrivato dove voleva e la sua prima partita in nazionale cadeva nel giorno del suo diciottesimo compleanno. Io lo guardavo, assistevo al momento più magico della sua vita.
Quando l’arbitro fischiò l’inizio della partita Paul mi guardò negli occhi e capì che diciotto anni prima eravamo nati insieme ma che solo uno di noi sarebbe morto quella sera. E quella sera lui avrebbe cominciato a vivere. Così mentre lui abbassava le braccia e cominciava a far girare le ruote della sua carrozzella io, il suo limite, capii di essere stato sconfitto.
E morii.
Lui, il pallone…e basta.

lunedì 19 ottobre 2009

il nasino di Mattia.


Mi distraggo un attimo e quando mi giro c'è Mattia per terra a pancia in su con le mani sulla faccia che singhiozza visibilmente, anche a dieci metri di distanza, da sotto i pali da cui io sto guardando la partita.
Mattia: Otto anni, corporatura media tendente al minuto, carino, biondino, intelligenza 10, creatività nel gioco 8, velocità 9, ambizioso, competitivo al massimo, agonistico. A volte mi sembra quasi cattivo, fa quasi paura. Esperienza di gioco, 7 allenamenti.
Gli vado incontro, di solito i bambini si lamentano per nulla.
-Alzati Matti dai che la squadra ha bisogno di te, siamo vicini alla meta, è nostra.
Toglie le mani dalla faccia, nulla. Si alza in lacrime e appena è in posizione verticale..fiumi di sangue dal naso. Rosso perso. A fiotti. Oh cazzo! Eh no Matti! No, no, smetti di piangere almeno, se non capisco più nulla nemmeno io. Il mio giocatore migliore, relazionando tempo di allenmaneti e risultati. Cazzo.
Usciamo dal campo, fazzoletti, acqua, acqua, fazzoletti, sangue, sangue, sangue. Non mi fa senso il sangue, ma avere le mani piene di sangue di un bambino devo dire che mi fa sentire davvero troppo comunista. Cazzate a parte, fa davvero impressione.
Dal campo arrivano di corsa Pietro, Elia e Alessandro.
Pietro:Otto anni, corporatura minuta,molto molto minuta, una specie di criceto, bellino,moro moro,intelligenza non lo so ma follia 10+, passa le partite a urlare in momenti casuali e gli allenamenti a fare la haka, non che a fare capriole cantando Hanno ucciso l'uomo ragno nel bel mezzo di ogni azione clou. Molto veloce, creatività 8, trova i buchi della difesa anche dove non ci sono, occhi e mani sempre sulla palla. Esperienza di gioco 5 allenamenti.
Elia:Nove anni, il giocatore perfetto. Intelligenza 10, creatività 7,più che altro è un tecnico, chiama schieramenti, paura del contatto -1, efficacia dei placcaggi 90%, chiama schieramenti, sprona i compagni, dà pacche sulle spalle anche a quelli a cui cade la palla perchè inciampano nei loro stessi lacci. Esperienza di gioco 3 anni.
Alessandro:Nove anni, ciccione, rosso paonazzo,biondo, stupido ma molto dolce. Gioco di peso, di sfondamento. Lui chiude gli occhi e con la palla in mano calpesta anche l'arbitro, quando fa meta gli vengono gli occhi lucidi di gioia. Placcaggio buono, non sempre efficace, ma quando li prende oh,se lo sentono. Esperienza di gioco 2 anni.
-Cosa ci fate qua?
Pietro dice che Matti è il suo migliore amico e non lo lascia solo e che suo padre è un dottore delle ossa.
-E allora vallo a chiamare dai.
Elia vuole solo guardare come sta il suo secondo centro. Alessandro vuole aiutare il suo amichetto narrando di aver visto in tv un servizio di un tizio che in una rissa si è rotto il setto nasale di cui la parte fratturata gli è entrata nel cervello uccidendolo.
-Ragazzi,ma che cazzo ci fate qua? Stiamo giocando in tre in meno! Siamo sotto di 6 mete, vi pare il caso di uscire dal campo così?!? Dentro!!!!!!!!
Loro chiaramente entrano in campo per chiamare tutti gli altri che vengano a vedere il sangue di Mattia.
-Ragazzi,in campo!!! Vi pare il caso!!! Si lo so arbitro, mo arrivano tutti, scusa. Anche dall'arbitro ci deve cazziare?! In campo, e voglio almeno vedere due mete!Sveglia!!
Arriva la mamma di Mattia-e mo son cazzi che volano, pensa la sottoscritta. Ma lei è una buona donna "Amore se facevamo un corso di taglio e cucito non capitava, son cose che capitano nel FUTBOL.." EH no!!! Eh no signora però!! Va beh. La sorellina sostiene che si pianterebbe un ago in un occhio ad un corso di taglio e cucito. Ci sta come tesi.
Il naso smette di sanguinare, Matti riprende colore, e inizia a tifare, carico perso. Vuol erientratre in campo per spezzare il ginocchio che ha tentato di spiegarmi come è finito sul suo ex bel nasino.
-No Matti lascia stare, sei stato straordinario, hai fatto un sacco di mete perciò va benissimo così, sono orgogliosa Matti, davvero.
Gli basta mezz'ora e Mattia si spegne. Col pacchetto di ghiaccio sul naso fissa il vuoto e a chi gli chiede se sia spaventato dice solo "NO, però c'era troppo sangue..."
La partita non è persa, di più. Luca, l'altro allenatore, urla ogni genere di bestemmia contro ragnetti pieni di terra sempre più in confusione, c'è chi si mangia la maglia, chi si schiera con l'altra squadra, chi passa il suo tempo in fuori gioco, chi cerca di allaciarsi le scarpe da dieci minuti almeno. Chi canta hanno ucciso l'uomo ragno, chi guarda la partita del campo di fianco.
E intanto dall'altra squadra grandinano mete.
L'altra squadra è il Cus Torino, hanno tre squadre diverse per ogni categoria perchè sono troppi, tutti enormi, tutti vestiti di nero, non ne sbagliano mezza, allenati da un tizio che penso li chiami SOLDATO BIANCANEVE o PALLA DI LARDO. Prima di giocare contro di loro ogni volta ci sono bambini che scappano in lacrime, perchè non vogliono perdere. Nemmeno il naso.
La partita finisce, tutti negli spogliatoi. La giornata finisce, anche per l'allenatrice Valeria, che sale sul suo magico macchinone senza salutare nessuno. Il padre di Pietro sostiene che il naso non fosse rotto, il medico del posto dice di si. La madre è preoccupata, ma non stupita, e non ce l'ha con me se non altro.
Valeria torna a casa e si sente in colpa. Lei non stava guardando quando è successo, lei gli ha detto di mollare la palla sono quando si è sicuri di lasciarla ad un proprio compagno in consegna, lui non ha lasciato la palla agli avversari e ha spalmato il suo bel nasino su un ginocchio nero. E le mie mani e i miei pantaloni ora erano sporchi del suo sangue. Male, non mi piace che finisca così.
E Valeria stasera per scrivere questo stupido pezzo non l'ha chiamato per sapere come stava.
Ma se l'avesse fatto avrebbe voluto che Mattia fosse adulto per cinque minuti per capire queste parole:
Non fa male Matti, non fa male. E' il rugby, è sangue.E' un gioco veloce, di attimi, di scatti, di fotografie perfette che montano l'armonico film di un'azione perfetta. Ma non tutti i momenti sono perfetti. Lo diventano solo se il finale è una meta. E non è stato il tuo caso Matti, il tuo momento non è stato perfetto, è stato uno dei tanti non perfetti che sanno di terra e di sangue ma che rendono ancora piu perfetti i miglioramenti, le mete. Tu oggi sei stato nella foto sbagliata, ma non ti spaventare. Si chiama caso, non farti spaventare da lui e torna a giocare, per favore. Se facevi un corso di taglio e cucito non capitava, ma tu hai fatto la scelta giusta, questo è lo sport, questa è la metafora di vita. E tu sei la mia promessa magica. Perchè nella mia breve carriera di allenatrice ne ho viste poche di fotografie perfette, Elia, Paolo, Stefano, Sebastiano, Enrico, Noah, ma oggi lo sei stato tu, il mio orgoglio. La tua corsa, un pò laterale,ma buona, i tuoi occhi che fissano sempre là, dopo la linea. Non è da tutti sai, puntare là.. alla tua età puntano tutti al punto dietro l'avversario, ma voi promesse no, vi riconosco perchè voi fissate la meta. E' stata solo una polaroid non asciugata bene, quel nasino che sanguinava. Capita. Ma non ti spaventare Matti, non smettere di giocare, per favore. Ci vediamo sabato pomeriggio allora eh, Matti? Ciao..
TU TU TU TU..

domenica 11 ottobre 2009

Sai come ti vogliono.
Sai cosa vogliono da te.
Sai come ti vuole il mondo.
Beh tu daglielo, credici, diventalo.
Ma sappi sempre che sono due piani separati. Sappilo sempre.
Non arrivare mai a credere che sia quello che vuoi tu.

venerdì 9 ottobre 2009

non vorrei essere fraintesa

Vorrei scrivere qualcosa di politica. Saper parlare di tutta questa merda in cui galleggia questo vecchio e bucato stivale che gioca a pigliare a calci in culo le isole.
Commentare, dire qualcosa che non sia stato detto, o comunque almeno qualcosa di originale.
Ma mi sembra tutto così assurdo, così paradossale, che le mie tesi contrarie a questa realtà assurda e paradossale mi sembrano così banali, ovvie, scontate.
Inoltre non vorrei essere fraintesa: laddove mi mettessi a parlare di leggi e/o di diritto costituzionale non vorrei che si pensasse che sono professionalmente deformata.
Se mi lanciassi in invettive o arringhe di vario tipo per esprimere le mie attuali opinioni non vorrei che si pensasse che sono la solita sinistroide media che per conformismo o per posa o per idiozia si schierano sempre dalla parte di chi si lamenta.
Se poi parlassi con la razionalità analitica e distaccata dei giornalisti, non vorrei mai che non si percepisse il mio odio. Non vorrei che cadesse a lato. Che perdesse il suo ruolo di protagonista. Questo sarebbe un pessimo fraintendimento.
Il più delle volte inoltre le mie tesi tendono ad essere incoerenti non tanto tra di loro quanto ripetto alle ideologie di dottrina sotto le quali tali e tante tesi vengono solitamente annoverate.
Infine quasi tutte le volte che ho una opinione a riguardo- più o meno supportata dalle nozioni che ho in materia- so individuare i problemi, spesso ne so vedere -o almeno ipotizzare credibilmente- delle cause, ma non ho soluzioni.
Tipo i vecchi al bar che si lamentano dell'umidità, dell'inflazione, del caldo, delle tasse, del freddo, della badante, del nuovo ct.
..Però non vorrei essere fraintesa: non ho mai detto di essere una rassegnata cinica indifferente cittadina media.
Ho piuttosto detto che il premier è un mafioso.
Ma non fraintendetemi, volevo dirlo nel senso di dire che Giorgio si nutre di bambini. Ma non mi fraintendete, non lo fa allo stesso modo del papa.
E la Carfagna è diversamente intelligente, diversamente brutta, diversamente casta e diversamente selfmadewoman. Il che chiaramente non vuole affatto dire gnocca, imbecille, puttana da tornei e pompinara raccomandata su una poltrona costosa. Affatto.
Ecco perchè tendo a non riuscire a scegliere come parlare di politica.
Non vorrei essere fraintesa con l'utilizzo del termine politica.
Intendo quella cosa lì quando la chiamo così.
Venite tutti avanti, voi, con il naso corto.
Signori imbellettati..io più non vi sopporto.
Infilerò la penna ben dentro al vostro orgoglio
perchè, con questa spada, vi uccido quando voglio.

lunedì 5 ottobre 2009

deliri di una pausa pranzo

Sono uscita da due ore di dottrina dello stato e sono salita sul tram. Qui ho iniziato a filosofeggiare su metodologie ed epistemologie varie, e li per li mi sono sembrati pensieri intelligenti.. diciamo apprezzabili ecco.
E mi sono buttata ancora vestita e digiunante al computer per formalizzarli il prima possibile. Prima ovvero che se andassero, con la velocità solita di ogni mia riflessione intelligente.
In effetti già solo il tempo che sto usando per questa introduzione li fa scappare sempre piu lontano.
Tenterò.

Il problema è valutare una teoria sulla base delle soluzioni che offre una volta portata alle sue estreme conseguenza. Io tendo a prendere in considerazione entrambi gli aspetti. Ovvero. Premesse-ragionamento-conseguenze-conclusioni. Mi piacciono le conclusioni? No? allora via le basi, via le premesse. Zero coerenza di fondo, tutto può essere messo in discussione e se lo si fa si deve partire dalle basi. Si devono minare le basi dell'edificio, farle saltare, per poi credere di costruire su un terreno vergine.
Questo è positivo intellettualmente. Scientificamente. Metodo tipicamente filosofico che porta le scienze filosofiche ad essere tendenzialmente prive di teorie finali unitarie e concordanti.
Ma a livello personale è un grande problema. Porta imprevedibilità, incoerenza. Vulnerabilità, ipersensibilità
Parto da presupposti che sono sempre pronta a mettere in discussione. (Per quanto l'imprevedibilità non sia così assoluta e onnicomprendente in quanto il metodo di ragionamento, le categorie usate sono poi sempre le stesse, fondamentalmente quelle dal nesso causa-effetto)
E poi, circa a Porta Palazzo, mi son trovata a pensare che però questo potrebbe apparire del tutto incompatibile con le mie teorie sugli effetti. Vado a cercare e a minare le premesse quando gli effetti non tornano, almeno non come vorrei. Questo fa si che io in effetti (ah ah ah) non ignori del tutto le cause, il background, il substrato.
Mmmmm... (in effetti il mio stupirmi delle incoerenze della mia epistemologia quotidiana è incoerente col fatto che mi sono appena autoproclamata incoerente. Quindi la cosa non mi stupisce, per ora).
Però ne ho anche tratto delle conclusioni, che più che teorie sono legittimazioni del mio modo di intendere e pensare il mondo, le persone e i rapporti.
L'autolegittimazione è la mia forma preferita di autoerotismo (mentale?).
E posso affermare (coerentemente?) che:
-il metodo mettiamoindiscussionelepremesse è filosofia. E' il mio essere filosofica, è il mio osservare, associare, sintetizzare, speculare sul mondo esterno. E' un metodo scientifico, una forma mentale, una lente di osservazione dalla quale -non so se potrei, ma comunque tendo a non prescindere;
-il partire dagli effetti dei comportamenti miei e degli altri,dai risultati di un metodo o di un assioma ignorandone i punti di partenza, è un metodo comportamentale. E' uno step successivo. E' un modo di affronatre le cose a livello pratico, non teorico,non puramente limitato al pensiero, anzi, del tutto proiettato sull'azione. Senza teoreticismi. L'agire in base ai soli effetti, in base solo a ciò che ha pratiche conseguenze, tanto empiriche da essere oggettive e oggettivabili (almeno per i più) in modo da rendere razionalmente prevedibile ogni conseguenza ulteriore di quelle che già sono conseguenza.
Il che non è del tutto incoerente come sistema. Lo sarebbe se fosse applicato nei medesimi momenti, alle stesse situazioni, o se pretendesse di essere parimenti applicabile, in ogni sua sfaccettatura, ad ogni rapporto reale, con il reale. Non è incoerente nei termini in cui mi pongo in modo diverso in due momenti mentali diversi, applicando ovvero l'un metodo in uno, l'altro nell'altro. Il fatto poi che il primo, applicato al mio solo pensiero e non alla mia azione, renda il mio comportamento talvolta incoerente beh, è un problema degli altri, o meglio di chi come me si regola solo sugli effetti, comportamentisticamente. E gli effetti sarebbero poi i miei comportamenti, i miei modi di agire. In un modo penso, in un altro modo mi comporto : agisco prendendo gli effetti- i soli sui quali mi posso scientificamente basare- come premesse; se poi volessi applicare la prima forma mentis al comportamento mi troverei in difficoltà, non potendo minare i paradigmi di base che, manco a dirlo, non dipendono da me.

Tutto ciò non ha minimamente senso e lo so, ma devo tornare a lezione perciò non ho tempo nè di correggerlo nè tantomeno di cercare di renderlo comprensibile a tutti. E nemmeno a qualcuno. E nemmeno a me stessa. Diciamo che do fiducia ai lettori e alla loro capacità di andare oltre il mio scrivere di getto. Molta di più di quella che do a me stessa.

Detto ciò la conclusione-non che leit motiv- della riflessione consiste nel fatto che i rapporti UNO ad UNO, tra due singoli individui, al di fuori delle dinamiche di un gruppo, sono (più) difficili e (più) complessi perchè da questi rapporti ci si aspetta sempre qualcosa. Tendiamo ad avere bisogno di formalizzarli, di dargli un nome, spesso (purtroppo?) di dargli un fine. Sin da subito. Questa necessità di schematizzazione, di inclusione in determinati preschemi, li rende estremamente complessi. Ognuno ha aspettative e delusioni continue, presunzioni e sussunzioni il più delle volte erronee nei termini in cui non essendo espresse non possono essere nè confermate nè delegittimate tempestivamente, prima di dare luogo a conclusioni le cui base sono instabili e controproducenti.
E questo li rende anche estremamente più affascinanti, perchè misteriosi.
Voi non state davvero guardando..voi volete essere ingannati.
E questo rende l'amicizia più facile dell'"amore". E le amicizie di lunga data più semplici e rassicuranti.

Cazzo devo andare-senza pranzo-senza doccia-senza aver comprato nuovi fogli su cui scrivere.

venerdì 2 ottobre 2009

è un paese per vecchi

Questo è un paese per vecchi. Alice Superiore.


Attraversi il paese - centro- municipio- Società, poi Cavalice sulla sinistra.


Mezza curva, stop. Freccia a destra e su, salita. Salita salita però, salita vera, di quelle che la seconda il più delle volte non riesci a metterla, fino oltre la metà almeno, devi aspettare il cimitero, per la seconda. Questa strada in salita è stata per anni uno dei miei "posti" preferiti. Stretta, dritta, senza righe bianche- gli alberi -castagni per lo più, e betulle- si toccavano sopra la tua testa, perciò quella starda non era mai al sole.
Da piccola mi ci portava il nonno a strappare dai muretti di pietra le radici di liquirizia- che per altro nemmeno mi piacevano, mi affascinava solo l'idea, e poi andava sempre a finire che stavo male tutta la notte.


Niente di più buio di quella strada, di notte. Roba da perdere l'equilibrio.


E, in punta, il cimitero.


Ho incontrato una persona lungo quella strada. O meglio ne ho incontrate tante, ma questa è quella che ho conosciuto meglio.
Era una bambina, quando l'ho conosciuta.


Ogni sua fantasia, ogni suo senso del gotico, della paura e del fascino per la paura, ogni pensiero sulla morte, sui fantasmi o su qualunque altra cosa grigia e bellissima vi venga in mente hanno avuto per lei come scenario quel piccolo cimitero.


A cinque anni ha letto il suo prima libro, un "piccoli brividi"- con gran crepacuore di sua madre che ha tentato invano di propinargli battelli a vapore di vario genere-, ed era una bambina bruttina, malaticcia e con i capelli a spazzola che parlava solo di morti, tombe, fantasmi e..partigiani.


Già, perchè mentre zompettava per mano al nonno mangiucchiando la sua insulsa radice, lui raccontava. Sempre le stesse storie, da anni, sentite e risentite, oggi. Raccontava di guerra, tedeschi, fucili.


Le passeggiate proseguivano poi in solitaria, per loro. Lui scendeva,verso casa, lei proseguiva su.


Un pò oltre il cimitero, prima della chiesa, svolti a sinistra e vedi, in mezzo alla radura più nightmarebeforechristmas della storia una croce di pietra per terra. E le è stato raccontato spesso del prete, freddato la domenica mattina all'uscita dalla messa dai tedeschi, dopo un ridicolo tentativo di fuga in mezzo a quegli alberi..si diceva nascondesse armi inglesi, sotto gli altari. E allora beh, lei avrebe voluto vivere li. A nove anni, tutto la annoiava, gli adulti sono l'errore più assurdo del creato, e avrebbe solo voluto vivere in quel momento speciale, assurdo, sanguinario e vivo- non le interessava nemmeno come, se essere quello che imbraccia il fucile o l'eroe che cade.

Era assurdo, nel sentirla parlare, capire quanto le piaceva quella croce. Cazzo, quanto le piaceva.. Non aspettava altro che scappare di casa e andare a fissarla. Per poi fare un giro li intorno, e poi intorno alla chiesa, a cercare le tracce dei tedeschi -illusa,come se fossero stati assassini che fuggivano di nascosto cercando di camuffare le loro tracce; in realtà sicari della legge-.
Lì di fianco la chiesa, dicevo. Nulla di che, incastrata in una boscaglia che da dietro sembra volersela ingoiare. Umida e banale; davanti un viale perfettamente diritto la congiunge al cimitero.
Se mettessero le rotelle alle bare potrebbero andare a seppellirsi da sole,finiti i funerali.
Il campanile della chiesa domina il paese intero.-Alto, imponente, invadente. Penetrante. Suona -e ha sempre suonato- ogni ora, ogni ora e cinque minuti, ogni ora e mezza -da una a dodici volte. Poi trenta rintocchi alle sette e mezza del mattino e della sera, per far sapere ai contadini senza orologi quando un buon cristiano deve iniziare a lavorare, e quando deve smettere.
Nulla di pù adatto per questo paese per vecchi, e per bambini.
Comunque. Prima tappa croce, trovati e giustiziati i tedeschi cecchini di Don Gedda via, al cimitero.
E quando come lei hai nove anni, e sai mille di queste storie, e il paese è tutto il giorno grigio e deserto, e puoi entrare in un cimitero..beh, sei felice.
Io do questo ai bambini cazzo, altro che caramelle, altro che cartoni animati. Queste sono le mie caramelle per te, piccola. E starò attento ad ascoltare quello che raccontate, e che montate, mettete insieme, con queste vostre vecchie storie, potreste rivelare l'essenza della realtà meglio di chiunque.
Allora lei entrava nel cimitero e iniziava la sua scelta, tra i loculi e le tombe.
Quelli con le foto a colori erano morti qualunque, di quelli nuovi nuovi, delle cui malattie la mamme e la nonna parlano al pranzo di Natale e a Pasqua son già morti -o quelli di cui vedi gli incidenti x strada con tua madre che incuriosita passando guarda, ipotizza, commenta sconvolta, con convinzione di compassione, assassina di ogni pudore.
Ma quelli con le foto in bianco e nero...wow.
Quelli si che dovevano essere persone speciali. E allora lei riscriveva la storia della loro vita : eroi, briganti, trafficanti di armi, partigiani burberi ed eremiti, soldati inglesi biondi e belli.
Le donne poi. Nelle foto in bianco e nero hanno tutte gli stessi occhi. O tristi, o cattivi.
Eccoti, un'altra caramella.
Avvelenatrici dei loro mariti, contadine analfabete che sgobbando trovavano tesori immensi, sotto la meliga. Ragazze che nascondevano volantini da portare a Traversella nelle notti, senza paura del buio. Del resto, col senno di poi, lei aveva paura del buio perchè aveva il terrore dei fantasmi, e i suoi fantasmi erano loro. Ma quelle ragazze erano senza passato. Senza fantasmi, costruivano futuri. Mentre ora questo paese per vecchi in effetti ha solo più un passato.
Sopra l'entrata del cimitero stava l'Angelo. Angosciante e magico. Silenzioso. Era lui, si diceva, ad aprire i cancelli del cimitero solo a chi aveva storie straordinarie sulla propria vita da raccontargli- con cui dilettarlo. Si annoiava, lassù, altrimenti.
Addirittura si narra di sepolture miseramente fallite -nonostante fosse già avvenuta la raccomandazione delle buonanime alla pace eterna- perchè quel cancello si era incastrato. L'Angelo non li lassciava entrare, se ne fregava di cosa aveva appena detto il prete.
Il Caronte di Alice Superiore- e niente monete sugli occhi, pagamento di pedaggio- che mancassero a quei cadaveri. Ignoranza, fantasia, leggende -e caso- , quassù si servono solo di un pò di ruggine nella serratura.
E non erano i cattivi, a non entrare- solo le persone banali. Squartatori tedeschi e spie riposano lì, ora, ma le persone normali no. Questo però a nove anni non la faceva temere per la pace della sua anima, perchè lei non era una qualunque: lei era l'unica che conosceva la vera storia. Quella di quella lapide che trasuda verde muffa, quella di quello strano lamento notturno che nessuno sa dire di che animale sia.. perchè è della donna che in guerra ha perso il figlio - e che ancora vaga urlando a tutti i preti che passano di lì "perchè?".
Una bambina li in mezzo trova la chiave di lettura. Anzi, ce l'ha dentro. E poi legge tutto così.
Ogni oggetto antico, tutti quei fienili aperti, con la loro polvere, e i soffitti alti. Ogni foto, ogni finestra senza vetri, ogni scritta sui muri. Le date sopra ai portoni, o incise nel legno. Gli alberi, i bastoni, i sassi, i tetti crollati.
Le vecchie cantine in mezzo ai boschi divorate dalle more - erano tutti speciali. Avevano storie straordinarie, affascinanti, tutte legate tra loro. Leggende popolari e personaggi appena inventati, storie che hanno fatto la storia e storie personali. Amalgamate, confuse, tutte a creare questo vapore che impregna di muffa le tombe e fa ghiacciare di rugiada quel prete - che sapeva di avere i minuti contati, sapeva che qualcuno era andato giù, alla caserma dei fascisti a spifferare tutto. Allora aveva fatto allonatanare a forza i chirichetti, ragazzini, quattro che non capivano, prima di iniziare a correre..e tra loro c'era anche Giovanni..Giovanni Gaido, che aveva visto il suo sangue, sai piccola?
Le veniva da piangere, a sentire quella storia. E non di commozione. Una sorta di rabbia infantile, di invidia e nostalgia, come quella che provano i vecchi; perchè guardava il suo nonno e gli chiedeva "perchè eri tu quel chirichetto, e non io? Volevo esserci io..".
Ma la verità era che quel giorno c'era lei. E lui anche. Aveva sentito talmente tante volte quella storia, e talmente tante l'aveva immaginata, che l'aveva fatta rivivere, alla fine. Con lei quei tedeschi lo hanno inseguito di nuovo, ucciso di nuovo. E lui era scappato ancora, e quei chirichetti avevano sgranato gli occhi ancora di più. E lei c'era, lei era memoria della storia e della guerra quanto suo nonno. Ogni volta lei e suo nonno avevano otto anni insieme.
Questo è un paese per vecchi e per bambini.
Le cose sono invecchiate ma sono quelle di allora. Sono i fienili aperti, le porticine di legno marcio nel sottobosco.Sono gli stessi quei tetti di pietra, le erbacce e la chiesa dove fa freddo tutto l'anno, con quelle fineste a rasoterra che danno sui sotterranei, sicuramente ancora pieni di armi inglesi per partigiani dei boschi.
Le persone normali, i grandi, non vivono qua.
Abitano queste case, girano queste strade, dirigono questo comune. Ma non sanno nulla, della storia. Ci provano, coi libri, con le fotografie, con gli incontri..ma è inutile, non la vedono, la storia. Non la vedono come i vecchi almeno, nè come i bambini.
Le strade qui sono sempre vuote, le vecchie indossano gli stessi panni di allora, si siedono sui bordi delle strade, fissano vuote le nmacchine passare, ma non le vedono -per un secondo le vedono, le criticano, acide, ma poi smettono, tornano nella storia, e ricominciano ad ignorarle.
Non vedono il ridicolo cartellone luminoso sulla piazza, nè i parcheggi, nè le parabole. Guardano il vuoto e si vedono vivere di nuovo- ricordano, ma sono lì. Rivivono. E raccontano. E anche i bambini allora intraprendono con loro questo viaggio da cui questi grandi sono esclusi.
Questi boschi, questi soldati, queste case, sono le stesse. Sono fantasmi, ma sono lì, ci sono.
E chi sta agli estremi opposti della vita li può vedere, chi ci sta in mezzo no, troppo occupato a vivere il presente per ricordare il passato. O reinventarlo.
E' un paese per bambini perchè saranno pure piccoli, ma anche loro vedono la guerra, vedono la storia straordinaria, nazionale e quortidiana, di ideologie e di fame, di galline rubate e cartoline per la leva. Di vittoria e figli morti.

L'ho conosciuta, quella bambina. E ho trattato la storia che mi raccontava con la tipica ironia, col finto stupore sulla faccia e con il sorriso falso. Ma lei me la raccontava come fossero verità per eletti. Per menti sopraffine degne di vivere davvero la storia - qualunque significato si voglia dare alla parola storia.
Ma si sbagliava, lei, a darmi fiducia. E mi sbagliavo io, a non darne a lei.
Aveva la verità in bocca, cazzo, e io non lo sapevo. Ero ormai troppo grande.
Ora quella bambina è cresciuta, e si annoia anche un pò in quel paese, in quella vecchia casa, con quel vecchio solaio- pieno di oggetti tarmati da storie straordinarie che nei cigolii della notte cerca ancora di raccontarle. Lei non le sente più, però.
Non parla più quella lingua.
Si annoia e ironizza, si chiude il naso per evitare l'odore della polvere e della muffa.

Ma la notte ha ancora paura del buio.
Quando cammina per strada la sera e sente i rumori nei boschi.. beh, sarà il buio, sarà l'atmosfera, saranno i pipistrelli, racontatele quello che vi pare..
Ma lei sa che l'unica vita di questo paese, le uniche percone che la vivono, gli hanno dato e gli stanno dando una storia, sempre la stessa. Che è realtà.
Lo è finchè c'è memoria e finchè c'è fantasia. Finchè ci son vecchi e finchè ci son bambini.
Per questo sa che quei rumori sono partigiani vestiti di velluto e fustagno, che fumano Nazionali e masticano radici di liquirizia e fiori di sambuco.
E ha paura, li sente. E ha paura che, nella notte, la prendano per un tedesco.

lunedì 28 settembre 2009

metaFoglio

Non so perchè ho aperto questo blog. Ho letto quelli dei miei amici, spesso. Quello che mi ha scatenato il tutto forse è stato il pezzo di Apo scritto post vacanza Spagrìa. Mi ha fatta sentire all'altezza, mi ha fatto pensare che forse basta aver qualcosa da dire a qualcuno per vincere il diritto di occupare un angoletto di web e magari il diritto di essere letta.
O forse no.
A voi l'ardua sentenza comunque.
Nella mia vita cosciente ho scritto chilometri e chilometri, ma la possibilità dell'esposizione " pubblica" (laddove gli insegnanti non li ho mai considerati pubblico,anche se sono stati l'unico che io abbia avuto-breve esperienza giornalino del Botta esclusa-e rimossa).
La forma in cui io abbia mai scritto inoltre è sempre stata assolutamente cartacea. E questa tastiera, or ora che ci faccio caso, fa crollare a picco il grafico del fascino della parola. Ma ci accontenteremo, cercherò di farmi una ragione del fatto che queste sono parole lo stesso.
Di solito la forma cartacea passava attraverso quelle fasi di tidicochehoscrittoqualcosa-imbarazzo-daileggimelotiprego-imbarazzo-nosemaiteloleggitudasolomamidevipregareancoraunpò-imbarazzo-tiguradocheleggi o leggoioavocealta- imbarazzo e imbarazzo.
E allora perchè ora?
Voglia di aprirsi-esporsi.
Voglia di dissimulare-far credere.
Bisogno di farsi conoscere comunicando con arte.
Slanci di creatività.
Tentativi vari di superare me stessa e la mia banalità - o quella del mondo che si vuol far raccontare da me?-, possibile, comunque, solo nel confronto con gli altri.
Mostrare e dimostrare.
Richiedere giudizi. Si, bisogno di essere giudicati. Che altro non può essere se non conseguenza di una estrema fiducia in se stessi, nelle proprie capacità e possibilità.
Si forse sotto sotto sono convinta di essere brava. O almeno alfabetizzata diciamo, e anche benino. Tendono a mancarmi originalità, materiali. Ispirazioni?
Per anni ho scritto e mi son sempre sentita (e sentita dire di essere) brava.
Poi ho smesso.
Scrivere danneggia te e chi ti sta intorno.
Ho scritto un paio di lettere- di quelle importanti, pesanti, appiccicose, a quelle pochissime persone che allora reputai degne. Poi ho smesso di scrivere.
Ho perso esercizio, ho perso tecnica, ispirazione. Ho perso la voglia di mettermi sul foglio. Riempire quelle pagine binche era una meta- la guardavo, sapevo cosa avevo dentro, ma non ero in grado non tanto di dargli forma, quanto di trovare la voglia di dargli forma.
Scuse. Non ho tempo, devo studiare, devo andare a comperare delle presine da forno, devo pregare, devo fare gli addominali, hanno messo fuori produzione il mio inchiostro preferito, gesù mi ha detto che le stigmate macchiano il foglio.
Per anni ho rinunciato alla mia meta.
Del resto la pagina bianca è qualcosa di nettamente più fascinoso -e spaventoso-
dal punto di vista estetico. Un foglio bianco ti fa sentire giovane.
E questo il computer non te lo dà, la pagina che non scrivi non esiste fino al momento in cui non cessa di essere una paginachenonscrivi per diventare una paginachehaiscritto -esistono solo in relazione alla loro funzione, iniziano ad esistere solo da quando possono adempiere alla loro funzione : essere riepite. O meglio, no, perchè prima non è che esistano, vuote. Nascono solo in relazione a te, hanno bisogno delle tue parole. Diciamo che iniziano ad esistere solo quando iniziano ad esistere.
Nulla a che vedere con i quaderni, o i diari, che le pagine vuote te le fanno sentire, e vedere, e pesare. Esistono eccome,con o senza di te, sono realtà senza il tuo contributo, sono il tempo, sono il mondo. Che se ci sei bene, se non ci sei ciccia, cià. Le pagine binche di carta si fanno sentire cazzo, forte anche. Cambiano addiruttura la tua scrittura, a seconda di quante ne hai dietro. Felice metafora. Fai fatica a sfogliare, ma quando hai tante pagine bianche sotto il foglio scrivi meglio. Felice metafora.

Processo di crescita da sfogliare. Anche quando non è ancora avvenuto.
Con le pagine di carta sei in potenza.
(Ho appena scritto una pagina parlando delle pagine. Incredibile. Gran titolo, Valeria.)
In ogni caso, per essere breve. Scriverò - non so per quanto,diciamo che ci proverò- perchè ho qualcosa da dire. E ho qualcosa da dire perchè ho trovato lungo le mie pagine bianche, scarabocchiate qua e la di nomi, numeri, disegni, delle persone che mi hanno messa davanti al fatto che ho qualcosa da dire. E lo hanno potuto fare perchè sono persone straordinarie, e la realtà, così come i sogni, spalanca le sue porte solo alle persone straordinarie. Extra-ordinarie.
Scriverò finchè qualcuno leggerà -sempre per la mia fissazione maniacale filosofica per gli effetti.
Da qui in poi saranno solo squarci di filosofia, politica, narrativa (no questa no, non son capace, ma spero vi scorderete che per licenza poetica l'ho inserita nell'elenco), citazionismo acuto, deliri vari e poesia ( no nemmeno questa sono in grado di mettere insieme, ma spero vi scorderete che per licenza narrativa l'ho inserita nell'elenco).
O forse resterà solo questa introduzione che sto scrivendo sulla mia moleskine -perchè non so rinunciare alla magiche cartaepenna- e perchè questo blog ancora non esiste.
Esisteva, quando l'ho scritto.
Cioè ora esiste,ma allora non ancora. Dai, ci siamo capiti.