martedì 16 marzo 2010

non contraddizione

Sto seguendo delle lezioni che mi fanno fare dei viaggi mentali assurdi, non so se ascrivibili nella categoria "filisofia" o "diritto" o "delirio".
Una delle più interessanti è partita dall'analisi del principio di non contraddizione.
Non sono in grado di sostanzializzare il problema in altro modo che non sia esporre il problema stesso, fiduciosa che a me e a chiunque vengano in mente domande e magari risposte strada facendo.
(Anche se in effetti in facoltà mi si è modificata la mente in modo tale che leggo tutto nell'ottica del diritto, dello stato, della democrazia, e mi sembra strano che in modo non altrettanto ovvio, spontaneo, essenziale gli altri non lo facciano. Che gli altri non prestino attenzione a questi aspetti.)
Perciò, di tanto in tanto, mi scapperà qualche considerazione, forse.

Comunque.

Il problema si è posto in questi termini, a partire dal consumato paradosso del bugiardo che dichiara di mentire:

SE IO SONO TOLLERANTE DEVO TOLLERARE ANCHE GLI INTOLLERANTI.

Se io sono democratico, liberale, o checazzodidirsivoglia, devo tollerare chi odia ebrei, neri, omossessuali, islamici, donne, o chiunque abbia gli occhiali.
E devo accettare, credere, essere intimamente persuaso del fatto che la sua opinione valga quanto la mia. Che la sua idea possa essere, sostanziata dai suoi argomenti, oggettiva tanto quanto a me sembrano esserlo le mie convinzioni.

E qua si irradiano problemi infiniti.
Dov'è il confine tra la tolleranza e il relativismo assoluto?
Siamo tutti, in fondo, intolleranti, per il solo fatto di non tollerare gli intolleranti?
L'odiarli ci rende come loro?

Sono ipotesi terribili e non è, purtroppo solo un gioco di parole, risolvibile con l'espediente pratico del fatto che si parla di concetti assoluti e puri che nella realtà non si realizzano.

La soluzione appare essere intolleranti, almeno un po', per tutelare se stessi.
Ricadere ancora un po' più in basso nell'egoismo e nella miope diffidenza aggresiva dei razzisti.

Ma soprattutto, la democrazia che ruolo ha in tutto ciò?
Una democrazia che reprima l'intolleranza, in quanto moralmente riprovevole in modo riconosciuto da tutti, tradirebbe la sua essenziale natura. Ma non può, del resto, dare alle minoranze pari rappresentatività delle maggioranze?
Qual'è lo spazio che delle minoranze antidemocratiche devono trovare all'interno della democrazia?
E la democrazia deve offrire a queste istanze spazi di espressione?
Quanto è il diritto di questi eventuali gruppi a trovare e richiedere spazi di movimento nella democrazia?

La verità temo che sia che per tutelare noi stessi, per sopravvivere, come stato o come persone, per autoconservarci , dobbiamo cercare ogni giorno compromessi. Con gli altri, con le cose che degli altri non ci piacciono, con la burocrazia. Con lo Stato. Ma soprattutto con noi stessi.

1 commento:

  1. io sono convinto che le opinioni razziste (etcetera etcetera) siano valide purchè fondate su qualcosa. A quel punto posso accettarle, ma mi riservo il diritto di non condividerle.
    poi, secondo me democratico e tollerante non sono per forza completamente coincidenti.

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