venerdì 2 ottobre 2009

è un paese per vecchi

Questo è un paese per vecchi. Alice Superiore.


Attraversi il paese - centro- municipio- Società, poi Cavalice sulla sinistra.


Mezza curva, stop. Freccia a destra e su, salita. Salita salita però, salita vera, di quelle che la seconda il più delle volte non riesci a metterla, fino oltre la metà almeno, devi aspettare il cimitero, per la seconda. Questa strada in salita è stata per anni uno dei miei "posti" preferiti. Stretta, dritta, senza righe bianche- gli alberi -castagni per lo più, e betulle- si toccavano sopra la tua testa, perciò quella starda non era mai al sole.
Da piccola mi ci portava il nonno a strappare dai muretti di pietra le radici di liquirizia- che per altro nemmeno mi piacevano, mi affascinava solo l'idea, e poi andava sempre a finire che stavo male tutta la notte.


Niente di più buio di quella strada, di notte. Roba da perdere l'equilibrio.


E, in punta, il cimitero.


Ho incontrato una persona lungo quella strada. O meglio ne ho incontrate tante, ma questa è quella che ho conosciuto meglio.
Era una bambina, quando l'ho conosciuta.


Ogni sua fantasia, ogni suo senso del gotico, della paura e del fascino per la paura, ogni pensiero sulla morte, sui fantasmi o su qualunque altra cosa grigia e bellissima vi venga in mente hanno avuto per lei come scenario quel piccolo cimitero.


A cinque anni ha letto il suo prima libro, un "piccoli brividi"- con gran crepacuore di sua madre che ha tentato invano di propinargli battelli a vapore di vario genere-, ed era una bambina bruttina, malaticcia e con i capelli a spazzola che parlava solo di morti, tombe, fantasmi e..partigiani.


Già, perchè mentre zompettava per mano al nonno mangiucchiando la sua insulsa radice, lui raccontava. Sempre le stesse storie, da anni, sentite e risentite, oggi. Raccontava di guerra, tedeschi, fucili.


Le passeggiate proseguivano poi in solitaria, per loro. Lui scendeva,verso casa, lei proseguiva su.


Un pò oltre il cimitero, prima della chiesa, svolti a sinistra e vedi, in mezzo alla radura più nightmarebeforechristmas della storia una croce di pietra per terra. E le è stato raccontato spesso del prete, freddato la domenica mattina all'uscita dalla messa dai tedeschi, dopo un ridicolo tentativo di fuga in mezzo a quegli alberi..si diceva nascondesse armi inglesi, sotto gli altari. E allora beh, lei avrebe voluto vivere li. A nove anni, tutto la annoiava, gli adulti sono l'errore più assurdo del creato, e avrebbe solo voluto vivere in quel momento speciale, assurdo, sanguinario e vivo- non le interessava nemmeno come, se essere quello che imbraccia il fucile o l'eroe che cade.

Era assurdo, nel sentirla parlare, capire quanto le piaceva quella croce. Cazzo, quanto le piaceva.. Non aspettava altro che scappare di casa e andare a fissarla. Per poi fare un giro li intorno, e poi intorno alla chiesa, a cercare le tracce dei tedeschi -illusa,come se fossero stati assassini che fuggivano di nascosto cercando di camuffare le loro tracce; in realtà sicari della legge-.
Lì di fianco la chiesa, dicevo. Nulla di che, incastrata in una boscaglia che da dietro sembra volersela ingoiare. Umida e banale; davanti un viale perfettamente diritto la congiunge al cimitero.
Se mettessero le rotelle alle bare potrebbero andare a seppellirsi da sole,finiti i funerali.
Il campanile della chiesa domina il paese intero.-Alto, imponente, invadente. Penetrante. Suona -e ha sempre suonato- ogni ora, ogni ora e cinque minuti, ogni ora e mezza -da una a dodici volte. Poi trenta rintocchi alle sette e mezza del mattino e della sera, per far sapere ai contadini senza orologi quando un buon cristiano deve iniziare a lavorare, e quando deve smettere.
Nulla di pù adatto per questo paese per vecchi, e per bambini.
Comunque. Prima tappa croce, trovati e giustiziati i tedeschi cecchini di Don Gedda via, al cimitero.
E quando come lei hai nove anni, e sai mille di queste storie, e il paese è tutto il giorno grigio e deserto, e puoi entrare in un cimitero..beh, sei felice.
Io do questo ai bambini cazzo, altro che caramelle, altro che cartoni animati. Queste sono le mie caramelle per te, piccola. E starò attento ad ascoltare quello che raccontate, e che montate, mettete insieme, con queste vostre vecchie storie, potreste rivelare l'essenza della realtà meglio di chiunque.
Allora lei entrava nel cimitero e iniziava la sua scelta, tra i loculi e le tombe.
Quelli con le foto a colori erano morti qualunque, di quelli nuovi nuovi, delle cui malattie la mamme e la nonna parlano al pranzo di Natale e a Pasqua son già morti -o quelli di cui vedi gli incidenti x strada con tua madre che incuriosita passando guarda, ipotizza, commenta sconvolta, con convinzione di compassione, assassina di ogni pudore.
Ma quelli con le foto in bianco e nero...wow.
Quelli si che dovevano essere persone speciali. E allora lei riscriveva la storia della loro vita : eroi, briganti, trafficanti di armi, partigiani burberi ed eremiti, soldati inglesi biondi e belli.
Le donne poi. Nelle foto in bianco e nero hanno tutte gli stessi occhi. O tristi, o cattivi.
Eccoti, un'altra caramella.
Avvelenatrici dei loro mariti, contadine analfabete che sgobbando trovavano tesori immensi, sotto la meliga. Ragazze che nascondevano volantini da portare a Traversella nelle notti, senza paura del buio. Del resto, col senno di poi, lei aveva paura del buio perchè aveva il terrore dei fantasmi, e i suoi fantasmi erano loro. Ma quelle ragazze erano senza passato. Senza fantasmi, costruivano futuri. Mentre ora questo paese per vecchi in effetti ha solo più un passato.
Sopra l'entrata del cimitero stava l'Angelo. Angosciante e magico. Silenzioso. Era lui, si diceva, ad aprire i cancelli del cimitero solo a chi aveva storie straordinarie sulla propria vita da raccontargli- con cui dilettarlo. Si annoiava, lassù, altrimenti.
Addirittura si narra di sepolture miseramente fallite -nonostante fosse già avvenuta la raccomandazione delle buonanime alla pace eterna- perchè quel cancello si era incastrato. L'Angelo non li lassciava entrare, se ne fregava di cosa aveva appena detto il prete.
Il Caronte di Alice Superiore- e niente monete sugli occhi, pagamento di pedaggio- che mancassero a quei cadaveri. Ignoranza, fantasia, leggende -e caso- , quassù si servono solo di un pò di ruggine nella serratura.
E non erano i cattivi, a non entrare- solo le persone banali. Squartatori tedeschi e spie riposano lì, ora, ma le persone normali no. Questo però a nove anni non la faceva temere per la pace della sua anima, perchè lei non era una qualunque: lei era l'unica che conosceva la vera storia. Quella di quella lapide che trasuda verde muffa, quella di quello strano lamento notturno che nessuno sa dire di che animale sia.. perchè è della donna che in guerra ha perso il figlio - e che ancora vaga urlando a tutti i preti che passano di lì "perchè?".
Una bambina li in mezzo trova la chiave di lettura. Anzi, ce l'ha dentro. E poi legge tutto così.
Ogni oggetto antico, tutti quei fienili aperti, con la loro polvere, e i soffitti alti. Ogni foto, ogni finestra senza vetri, ogni scritta sui muri. Le date sopra ai portoni, o incise nel legno. Gli alberi, i bastoni, i sassi, i tetti crollati.
Le vecchie cantine in mezzo ai boschi divorate dalle more - erano tutti speciali. Avevano storie straordinarie, affascinanti, tutte legate tra loro. Leggende popolari e personaggi appena inventati, storie che hanno fatto la storia e storie personali. Amalgamate, confuse, tutte a creare questo vapore che impregna di muffa le tombe e fa ghiacciare di rugiada quel prete - che sapeva di avere i minuti contati, sapeva che qualcuno era andato giù, alla caserma dei fascisti a spifferare tutto. Allora aveva fatto allonatanare a forza i chirichetti, ragazzini, quattro che non capivano, prima di iniziare a correre..e tra loro c'era anche Giovanni..Giovanni Gaido, che aveva visto il suo sangue, sai piccola?
Le veniva da piangere, a sentire quella storia. E non di commozione. Una sorta di rabbia infantile, di invidia e nostalgia, come quella che provano i vecchi; perchè guardava il suo nonno e gli chiedeva "perchè eri tu quel chirichetto, e non io? Volevo esserci io..".
Ma la verità era che quel giorno c'era lei. E lui anche. Aveva sentito talmente tante volte quella storia, e talmente tante l'aveva immaginata, che l'aveva fatta rivivere, alla fine. Con lei quei tedeschi lo hanno inseguito di nuovo, ucciso di nuovo. E lui era scappato ancora, e quei chirichetti avevano sgranato gli occhi ancora di più. E lei c'era, lei era memoria della storia e della guerra quanto suo nonno. Ogni volta lei e suo nonno avevano otto anni insieme.
Questo è un paese per vecchi e per bambini.
Le cose sono invecchiate ma sono quelle di allora. Sono i fienili aperti, le porticine di legno marcio nel sottobosco.Sono gli stessi quei tetti di pietra, le erbacce e la chiesa dove fa freddo tutto l'anno, con quelle fineste a rasoterra che danno sui sotterranei, sicuramente ancora pieni di armi inglesi per partigiani dei boschi.
Le persone normali, i grandi, non vivono qua.
Abitano queste case, girano queste strade, dirigono questo comune. Ma non sanno nulla, della storia. Ci provano, coi libri, con le fotografie, con gli incontri..ma è inutile, non la vedono, la storia. Non la vedono come i vecchi almeno, nè come i bambini.
Le strade qui sono sempre vuote, le vecchie indossano gli stessi panni di allora, si siedono sui bordi delle strade, fissano vuote le nmacchine passare, ma non le vedono -per un secondo le vedono, le criticano, acide, ma poi smettono, tornano nella storia, e ricominciano ad ignorarle.
Non vedono il ridicolo cartellone luminoso sulla piazza, nè i parcheggi, nè le parabole. Guardano il vuoto e si vedono vivere di nuovo- ricordano, ma sono lì. Rivivono. E raccontano. E anche i bambini allora intraprendono con loro questo viaggio da cui questi grandi sono esclusi.
Questi boschi, questi soldati, queste case, sono le stesse. Sono fantasmi, ma sono lì, ci sono.
E chi sta agli estremi opposti della vita li può vedere, chi ci sta in mezzo no, troppo occupato a vivere il presente per ricordare il passato. O reinventarlo.
E' un paese per bambini perchè saranno pure piccoli, ma anche loro vedono la guerra, vedono la storia straordinaria, nazionale e quortidiana, di ideologie e di fame, di galline rubate e cartoline per la leva. Di vittoria e figli morti.

L'ho conosciuta, quella bambina. E ho trattato la storia che mi raccontava con la tipica ironia, col finto stupore sulla faccia e con il sorriso falso. Ma lei me la raccontava come fossero verità per eletti. Per menti sopraffine degne di vivere davvero la storia - qualunque significato si voglia dare alla parola storia.
Ma si sbagliava, lei, a darmi fiducia. E mi sbagliavo io, a non darne a lei.
Aveva la verità in bocca, cazzo, e io non lo sapevo. Ero ormai troppo grande.
Ora quella bambina è cresciuta, e si annoia anche un pò in quel paese, in quella vecchia casa, con quel vecchio solaio- pieno di oggetti tarmati da storie straordinarie che nei cigolii della notte cerca ancora di raccontarle. Lei non le sente più, però.
Non parla più quella lingua.
Si annoia e ironizza, si chiude il naso per evitare l'odore della polvere e della muffa.

Ma la notte ha ancora paura del buio.
Quando cammina per strada la sera e sente i rumori nei boschi.. beh, sarà il buio, sarà l'atmosfera, saranno i pipistrelli, racontatele quello che vi pare..
Ma lei sa che l'unica vita di questo paese, le uniche percone che la vivono, gli hanno dato e gli stanno dando una storia, sempre la stessa. Che è realtà.
Lo è finchè c'è memoria e finchè c'è fantasia. Finchè ci son vecchi e finchè ci son bambini.
Per questo sa che quei rumori sono partigiani vestiti di velluto e fustagno, che fumano Nazionali e masticano radici di liquirizia e fiori di sambuco.
E ha paura, li sente. E ha paura che, nella notte, la prendano per un tedesco.

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